Un itinerario che si svolge sia a piedi sia in macchina, che narra del Vescovo-Conte, signore del “Castrum Feretri” che ha creato e posseduto vari castelli limitrofi come Majolo e Majoletto, racconta l’assedio di Berengario a San Leo, passando dai castelli di San Leo e San Severino, attraversa le leggende e le contese tra Malatesta e Montefeltro… ed esplora il profondo legame di questi luoghi con San Francesco, Dante Alighieri e Piero della Francesca.
1° GIORNO
(Da Secchiano a San Leo spostamento in macchina)
Il percorso parte da Secchiano, centro di strada sorto all’ombra del suo castello (sede dell’Impalatore della Valmarecchia… ma questa è un’altra storia che vi racconteremo), dal quale ci si incammina, attraverso un affascinante percorso boschivo verso l’antico luogo ove sorgeva lo scomparso castello di Majolo. Ci si dirigerà verso la sommità del colle, dove è possibile rintracciare ciò che resta della rocca (rocca) e dell’antico borgo, crollati nel maggio del 1700 a causa di una frana che causò la morte di numerosi abitanti e venne interpretata, all’epoca, come “punizione divina”, conseguenza di ipotetici e arcani riti pagani praticati dalla popolazione. Dalla sommità si gode una meravigliosa vista, che spazia sulla Valmarecchia abbracciando, con lo sguardo, numerosi castelli e antichi borghi arrampicati tra boschi e cielo. Al ritorno sosterete piacevolmente presso un ristorante tipico della zona per una rigenerante degustazione dei sapori più genuini del territorio legati alla sua natura e alla stagione dell’autunno.
Tornati a Secchiano, con il proprio mezzo, “vassi a San Leo”, come scrisse Dante Alighieri nella Divina Commedia: antica capitale del regno Italico durante il regno di Berengario II nonché sede del Vescovo-Conte, Mons Feretrum (questo l’antico nome del castrum, che poi ha dato origine al territorio del Montefeltro), San Leo è riconosciuto come uno dei borghi più belli d’Italia per la straordinaria commistione di tradizione storica, suggestioni non convenzionali – qui San Francesco ricevette in dono il Monte della Verna e nel Forte venne incarcerato e morì Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro – e per la maestosità e unicità degli edifici sacri in stile romanico. Sistemazione all’albergo Castello. Visita libera al Borgo di San Leo e ai suoi più importanti luoghi di arte e cultura: i gioielli di architettura romanica del borgo: la Pieve di Santa Maria Assunta (X secolo), prima testimonianza materiale assoluta della cristianizzazione della zona ad opera del santo San Leo, e la splendida Cattedrale dell’XII secolo. E la Fortezza di San Leo (castello) il Forte che ha legato la sua storia alla straordinaria figura del Conte di Cagliostro, che qui venne incarcerato e finì i suoi giorni, sebbene il luogo della sua sepoltura non venne mai identificato, alimentando la sua leggenda, ancora oggi più viva che mai.
Cena con degustazione dei sapori tipici e passeggiata notturna finale fino al Belvedere, per ascoltare le voci antiche trasportate dal vento.
PERNOTTAMENTO
2° GIORNO
Al mattino, dopo la prima colazione, ripartenza verso Monte San Severino, dal quale percorrere con la vista l’inconfondibile profilo orientale di San Leo dal Forte alla Torre Civica e piccola escursione fino a Monte Gregorio, ove scoprire una delle installazioni (Balconi di Piero) che illustrano gli spunti ambientali e cromatici utilizzati da Piero della Francesca per gli sfondi dei propri dipinti; nello specifico, qui possiamo svelare (e svelarci) la visione panoramica alle spalle di “San Gerolamo e un Devoto”. Scendendo dall’installazione si segue il facile percorso sino al convento di Sant’Igne, nel quale percepire l’eterna e suggestiva presenza immanente del Santo italico.
Da Sant’Igne, per concludere l’itinerario, si torna a San Leo per un pranzo degustazione a base di prodotti locali. Ripartendo da San Leo per la via di casa, sarà possibile con la propria vettura scendere verso Secchiano attraversando il borgo di Piega, dove un tempo sorgeva il castello degli Olivieri e dove avvenne il famigerato massacro compiuto dal citato Galasso, che gli valse il poco onorifico titolo di “impalatore”.